Francesco Ferlaino
(Confluenti, 23 luglio 1914 - Lamezia Terme, 3 luglio 1975),
Avvocato Generale della corte d'Appello di Catanzaro, assassinato dalla 'ndrangheta.
Francesco Ferlaino, Avvocato Generale della Corte d'appello di Catanzaro, fu ucciso a colpi di fucile nei pressi della sua abitazione di Nicastro, da sicari rimasti sconosciuti, appartenenti alla malavita organizzata.
È il 3 luglio del 1975 quando Francesco Ferlaino, 61 anni, esce dal Tribunale di Catanzaro dove lavora e si infila nella Fiat 124 di servizio guidata dall'appuntato dei carabinieri Felice Caruso per tornare a casa per il pranzo. Il solito tragitto quotidiano verso Nicastro, popolosa frazione di Lamezia Terme, dove il magistrato abita in un palazzo in corso Nicotera. Alle 13.30, l'auto si ferma nei pressi dell'abitazione dell'Avvocato Generale. L'autista apre il bagagliaio, estrae un pacchetto e lo consegna a Ferlaino. Il magistrato scende e percorre i pochi metri che lo separano da casa. Dalla traversa opposta sbuca un'Alfa di colore amaranto. Dal finestrino posteriore dell'automobile il killer esplode due scariche di lupara alla schiena di Ferlaino. Il magistrato muore all'istante cadendo riverso sul marciapiede adiacente la sua abitazione. L'appuntato Caruso esce dall'auto, estrae dalla fondina la Beretta d'ordinanza ma la vettura degli attentatori riesce ad allontanarsi prima che egli riesca a sparare. L'Alfa sarà ritrovata il giorno dopo dalla parte opposta della Calabria, a Copanello, nota località turistica. È una vettura rubata ad un avvocato di Catanzaro. Il commando formato da tre persone ha agito a volto scoperto. È evidente che gli assassini non sono di Lamezia.
Francesco Ferlaino nasce a Conflenti il 23 luglio del 1914. Dopo gli studi liceali al Galluppi di Catanzaro frequenta a Napoli la facoltà di Giurisprudenza. Entra in magistratura nel 1943 e avvia una brillante carriera peregrinando nei diversi tribunali della Calabria. È. un "uomo colto, sensibile, fine latinista, religioso". Pretore e Giudice Istruttore a Nicastro, sarà anche Presidente della Corte di Assise a Cosenza, poi di quella di Assise d'Appello di Catanzaro. Qui Ferlaino dirige un processo storico: il processo alla mafia palermitana trasferito per "legittimo sospetto" a Catanzaro_ Il dibattimento assume carattere esemplare in quanto porta in un'aula di tribunale, come imputati, i vertici della mafia accusati della strage di Ciaculli. Ferlaino infligge duri colpi anche all'anonima sequestri calabrese che, in quattro anni, ha sequestrato diversi parenti di imprenditori lametini.
I mandanti e gli autori materiali dell'omicidio non sono stati identificati. Sulla Gazzetta del Sud del 28 agosto 2010, Arcangelo Badolati si chiede i perché dell'omicidio. "Mai colpire i magistrati. È stato questo per decenni il comandamento più osservato dalla 'ndrangheta calabrese. Attaccare uomini in toga avrebbe significato attirare l'attenzione dell'opinione pubblica nazionale e dei governi, determinando pure un irrigidimento di tutti gli organi giudiziari sia inquirenti che giudicanti. Meglio tentare di "aggiustare" le cose con il passare del tempo, farsi dimenticare e aspettare la fine delle tempeste. Negli ultimi quarant'anni sono caduti sotto il piombo dei sicari delle cosche carabinieri troppo zelanti, sindaci, assessori, esponenti politici di rilievo ma mai togati. Solo in due occasioni le consorterie hanno alzato il tiro contro la magistratura. È accaduto nel 1975, a Lamezia Terme, quando venne assassinato l'avvocato generale dello Stato di Catanzaro, Francesco Ferlaino, e nel 1991, a Campo Calabro, quando fu ucciso il Sostituto Procuratore Generale della Cassazione, Antonino Scopelliti. Due delitti "eccellenti" rimasti senza colpevoli".
Restano purtroppo ancora attuali le parole scritte vent'anni fa dal cronista di `ndrangheta Luigi Malafarina: "L'enigma delle cause che determinarono la inappellabile sentenza del Gran tribunale della mafia calabrese contro il magistrato di Conflenti non è stato ancora chiarito".
A Francesco Ferlaino sono stati intitolati l'aula della Corte d'Assise d'Appello di Catanzaro, una via di Lamezia Terme e il Palazzo di Giustizia di Catanzaro dove il genero, Gregorio Greco, è stato Presidente del Tribunale fino a qualche tempo fa.