4 marzo 2017
L'ANM sul decreto legge migranti
L’Associazione Nazionale Magistrati, in relazione al decreto legge n. 13 del 2017 (pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 17 febbraio 2017) contenente Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale, esprime apprezzamento per l’istituzione di sezioni specializzate in questa delicata materia e per la volontà del Governo di affrontare i problemi posti dall’aumento esponenziale delle procedure di protezione internazionale e di garantirne una rapida definizione. Tuttavia, ritiene che l’esigenza di celerità nella trattazione dei procedimenti, che ispira l’intervento normativo, non debba essere realizzata a scapito delle garanzie proprie del processo civile in una materia che ha ad oggetto diritti umani fondamentali.
Il procedimento innanzi alla Commissione Territoriale, organo amministrativo dipendente dal Ministero dell’Interno e presieduto dal Prefetto, non può essere sostanzialmente equiparato a un primo grado di giudizio, rendendo solo eventuale il contatto con la parte nel giudizio innanzi al Tribunale.
La videoregistrazione dell’audizione innanzi alla commissione territoriale può essere strumento utile per il giudice, ma non è idonea a sostituire l’udienza e la possibilità per il richiedente di essere ascoltato dal giudice, garanzie minime di salvaguardia del diritto di difesa e di un contraddittorio pieno.
Inoltre, l’abolizione dell’appello, in un sistema connotato dalla sua generale azionabilità in tutte le cause, che non riguardino lo status delle persone, può essere condivisa solo prevedendo:
- un’udienza che garantisca l’effettività del contraddittorio;
- l’elevata specializzazione dei giudici addetti, per una effettiva e piena valutazione di tutti i profili sottesi all’istanza;
- la completa copertura degli organici delle sezioni specializzate, per garantire in tempi rapidi le decisioni;
- la dotazione di mezzi e risorse per consentire alla Corte di Cassazione di affrontare adeguatamente il prevedibile aumento dei ricorsi.
Sul tema dell’appello andrebbe piuttosto valutata una più ampia rivisitazione del sistema delle impugnazioni, tenuto conto che attualmente il secondo grado di giudizio è previsto anche per affari di non rilevante valore oltre che di limitata importanza.
Si chiede, pertanto, un grado di merito pieno ed effettivo, in assenza del quale l’abolizione dell’appello rischia di discriminare le persone richiedenti protezione internazionale e comporterà un significativo aumento dei ricorsi per Cassazione, così incidendo sulla corretta funzionalità della Suprema Corte.
Quanto alla previsione secondo la quale in caso di convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo presso il CIE, il trattenuto debba essere sentito in videoconferenza, si tratta di misura che non può essere operativa nei brevi termini previsti dal decreto legge (soltanto 180 giorni).
Risulta, infine, incompleta e inidonea al raggiungimento degli obiettivi la mera attribuzione di tale materia alla competenza di soli 14 Tribunali, senza un corrispondente aumento dell’organico dei magistrati e del personale di cancelleria assegnato a tali Uffici (a fronte della previsione di nuove assunzioni di personale da destinare alle Commissioni Territoriali).
È necessario, ancora, intervenire sulla recente revisione delle piante organiche, implementandole anziché ridurle per i Tribunali interessati dalla riforma, i cui carichi sono destinati a un significativo aumento.
Ed infatti, il mancato adeguamento di organico non può essere sostituito dalla previsione di applicazioni extradistrettuali aventi natura temporanea, posto che l’afflusso di richiedenti asilo non è fenomeno transitorio.
In mancanza di dotazione di adeguate risorse i tempi imposti dalla legge per la trattazione dei procedimenti di protezione internazionale non potranno in alcun modo essere rispettati.